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IL SILENZIO DEGLI ALLEATI

La Storia si ripete: fanno le guerre e poi i profughi li abbandono al loro destino. Tra l’altro le Democrazie del tempo pare non gradissero un’ invasione di profughi ebrei… (Premesso che riguardo alle cifre sugli eccidi per me ci sono delle grossolane gonfiature, ad esempio quando si dice che nel giro di tre giorni furono sterminati ben 42mila ebrei dalle SS [pag. 243]. Nemmeno la “macchina genogida” sovietica sarebbe potuta arrivare a macabri record)…L’autore, R. Breitman mette in luce ancora una volta, una parte di storia sconosciuta, per capirci: quella che non troveremo nei libri di scuola o nei documentari televisivi. Il libro non accusa ad oltranza inglesi e americani, ma ci fa intendere che la storia del 900 è ancora aperta e da esplorare

il silenzio degli alleati

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Né le decodificazioni né le altre fonti sui massacri e sulla scomparsa di ebrei suscitarono forte reazioni a Londra. Il governo britannico aveva già deciso di adottare, almeno in parte, la strategia del silenzio in merito alla politica nazista nei confronti degli ebrei. Tratto da pag. 125

 

Roosevelt incontrò una delegazione di ebrei, anche se passo quasi tutta la mezz’ora concessa a parlare di problemi marginali. Una settimana dopo, James de Rothschild chiese Churchill di ricevere un gruppo di illustri israeliti britannici per discutere con loro la situazione degli ebrei europei. Tratto da pag. 188.

Goebbels scrisse nel suo diario: [Rothschild] si è profuso in un diluvio di piagnistei, lamentando il destino degli ebrei polacchi. Alla fine della seduta la camera ha osservato un minuto di silenzio… È stata una scena degna della Camera dei Comuni britannica, che in effetti è una sorta di centrale giudaica. Gli inglesi, comunque, sono gli ebrei della razza ariana. Tratto da pag. 205-206

Eden (Robert Anthony Eden, ministro degli esteri inglese) ricordò al gabinetto di guerra quanto fosse difficile dire al parlamento che la Gran Bretagna era impegnata in negoziati internazionali riguardanti il problema dei profughi quando gli Stati Uniti non mostravano alcun segno di interesse. Tratto da pag. 217-218

Nel luglio del 1943, rappresentanti del World Jewish Congress chiesero al governo britannico di domandare alla Svizzera se potesse accogliere nel proprio territorio centomila profughi fuggiti o evacuati da Germania, Francia e Italia. L’ambasciatore inglese a Berna, Clifford Norton, riteneva che gli svizzeri non avrebbero accolto rifugiati adulti nemmeno se gli Alleati avessero fornito un supplemento di viveri combustibile, e decise di non avvicinare il governo elvetico in quel momento “inopportuno”. Tratto da pag. 239

Il ministro del tesoro Henry morgenthau jr, oltre a essere vicino di casa di Roosevelt nella contea di Dutchess, nello stato di New York, era anche uno dei suoi consiglieri politici. Era l’unico ebreo del gabinetto e senza dubbio uno degli ebrei più autorevoli d’america. Aveva incoraggiato Roosevelt a prendere iniziative a favore dei profughi nel 1938-39, ma dall’inizio della guerra non aveva fatto molto. Dopo aver ricevuto, nel settembre del 1942, notizie del piano nazista di sterminio dal rabbino Wise e dopo aver avuto colloqui privati con Bergson nel 1943, aveva cominciato a interessarsi ai piani di soccorso e aiuto. In seguito i suoi subalterni accelerarono il processo da lui avviato.

Fin dall’inizio i processi postbellici furono un progetto americano. A Washington alcune autorità ritenevano elemento importante della guerra psicologica la minaccia di procedimenti giudiziari nei quali gli imputati sarebbero stati trattati non come funzionari politici, ma come delinquenti comuni. Tratto da pag. 244

Fu quindi istituita una commissione interministeriale (comprendente il consigliere politico della Casa Bianca Ben Cohen) incaricata di studiare la struttura di un tribunale internazionale per i crimini di guerra. Tratto da pag. 263

 

Alla conferenza di Mosca, che terminò ai primi di novembre del 1943, il ministro degli Esteri sovietico Vjaceslav Molotov, il segretario di Stato Cordell Hull e Anthony Eden si accordarono per una dichiarazione con cui ci si impegnasse a punire le atrocità tramite processi; convennero inoltre che questi processi venissero condotti dai paesi e nei paesi ove i crimini erano stati commessi. I maggiori imputati dell’Asse, le cui nefandezze non avevano avuto per teatro un’area geografica specifica, sarebbero stati perseguiti da un tribunale alleato congiunto. Sotto certi aspetti, in modo in cui fu formulata la dichiarazione di Mosca fu assai significativo: Perciò i tedeschi che partecipano alle fucilazioni in massa di ufficiali italiani o all’esecuzione di ostaggi francesi, olandesi, belgi o norvegesi o dei contadini cretesi, o che hanno preso parte ai massacri perpetrati in Polonia o nei territori dell’Unione Sovietica… Sappiano che verranno ricondotti sulla scena dei loro crimini e giudicati sul posto dai popoli che hanno oltraggiato. Coloro [che non hanno ancora partecipato ai massacri]… Si guardino dall’ unirsi alle file dei colpevoli, perché è matematicamente certo che le potenze alleate li cercheranno anche in capo al mondo e lì consegneranno ai loro accusatori affinché sia fatta ingiustizia. Tratta da pag. 265 (Urlano giustizia coloro che nell’Unione Sovietica si dedicarono a massacrare MILIONI di civili [SIC!] Nda) Vedi:

L’OLOCAUSTO COMUNISTA, 100 MILIONI DI MORTI CHE LA STORIA OSCURA O NE PARLA IN MODO GENERICO

Un giorno Churchill disse allo storico Maurice Ashley: “mi dia i fatti, ashley, e io li distorcerò in modo che si adattino alla mia tesi”. Tratto da pag. 281

se tra Churchill e Roosevelt si deve scegliere che più si adatta per gli aiuti ai soccorsi, è difficile capire come si può sopportare per il primo. Tratto da pag. 282

Nel complesso, è tuttora difficile valutare in dettaglio la reazione dei servizi segreti americano e britannico all’Olocausto. Forse alcuni documenti sono stati distrutti, mentre molti altri restano inaccessibili alla maggior parte degli storici. Tratto da pag. 284-285

La storia non è una scienza esatta e non possiamo dare una risposta precisa a questa domanda; ma ho illustrato alcuni dei metodi non militari con cui i governi alleati avrebbero potuto salvare molte più vite di ebrei, se avessero avuto la volontà di farlo. La sola diffusione di informazioni sugli eccidi ebbe per esempio effetti positivi. A metà del 1944 Leon Kubowitzki, che lavorava il dipartimento soccorsi del World Jewish Congress, parlò di una congiura del silenzio che si era creata all’interno dell’OWI e che solo dopo molto tempo fu infranta a furia di pressioni. Tratto da pag. 286

In un mondo competitivo i governi possono avere la necessità di mantenere segreti i colloqui e le deliberazioni del recente passato e del presente. Le medesime considerazioni non valgono quasi mai per i documenti vecchi di parecchi decenni. Tuttavia i segreti di Stato e limiti imposti dai governi all’apertura degli archivi continuano a impedirci di avere una visione completa del passato e dunque di comprendere fino in fondo gli eventi, Olocausto incluso. Tratto da pag. 288 (EPILOGO)

Perfino certi documenti occidentali riguardando i principali responsabili dell’Olocausto restano inaccessibili. Dai dossier del ministero della Guerra britannico su Heinrich Himmler manca tuttora un incartamento che è precluso al pubblico e che fino al 1994 era definito “trattenuto” . Riservata è anche un’intera cartella su Ernst kaltenbrunner, capo dell’ufficio centrale di sicurezza del Reich dal 1943 al 1945. Stranezze del genere si riscontrano pure negli Stati uniti. Pare che la l’NSA mantenga tuttora segrete molte centinaia di migliaia di pagine di materiale (sia britannico sia americano) del periodo bellico. Alcune delle richieste di documenti specifici dell’ Office of Strategic Services che ho inoltrato appellandomi alla legge sulla libertà di informazione, dopo quattro o più anni attendono ancora una risposta (dalla CIA). I governi che impediscono agli storici e al pubblico di consultare documenti cruciali a molta distanza dagli eventi di cui i documenti stessi parlano non rendono un buon servizio al proprio paese e al mondo. Ma è difficilissimo rompere l’abitudine della segretezza. Negli Stati democratici, nessun uomo politico o funzionario governativo può pretendere di controllare per l’eternità che cosa gli storici diranno di lui, ma più a lungo si tengono segrete le fonti importanti, più a lungo si può esercitare un simile controllo. Uno dei volumi di memoria di Anthony Eden si intitola La resa dei conti; ma alla vera resa dei conti, su questo tema, non siamo ancora giunti. Tratto da pag. 302

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