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IL LIBRO NERO DEL COMUNISMO (per non dimenticare…)

Servizi e polizie segrete, organizzazioni satelliti, infiltrazioni e sovvertimenti di interi Stati, divisioni, guerre civili – fratricide e strategia della propaganda (attiva e ben evoluta, intimidazione volta al pensiero unico) ecc.; sono tuttora strategie attive. Perciò il comunismo è ancora presente (il lettore lo intuirà pagina dopo pagina) ma molto più evoluto, e si nasconde dietro la democrazia…Quindi è più conveniente parlarne, a livello mediatico e scolastisco in modo superficiale. E’ meglio puntare e propagandare tutto il male sul nazismo, anche se quest’ultimo può apparire in contrasto, in realtà ha molte cose in comune…

IL LIBRO NERO DEL COMUNISMO

il libro nero del comunismo

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Quel che abbiamo passato da luglio in poi è spaventoso e crudele al tempo stesso.
Le Memorie da una casa di morti di Dostoevskij non sono che pallide copie al confronto.
A questo si aggiungeva la fame continua, al limite del delirio. Sono la metà di quello che ero una volta. Pelle e ossa. Sono anche malato e completamente privo di forze.
A questo stadio il confine tra uomo e animale svanisce, si raggiunge il primo grado della babarie. Oh! il fascismo ha ancora molto da imparare da questi banditi e può persino
permettersi il lusso di presentarsi come portatore di cultura. Senza dubbio sui nostri dossier doveva essere scritto: “da annientare fisicamente con mezzi legali”. E’ questo che hanno cercato di fare fino all’ultimo.

Karl Bräuning , membro di un gruppo comunista tedesco dissidente, sopravvissuto, riuscito ad evadere da una prigione (controllata dai comunisti filo sovietici) in Spagna. Tratto da pag. 324

La strategia ragionata della repressione comunista, volta a instaurare il potere assoluto, dopo avere eliminato i concorrenti politici e tutti coloro che avevano o potevano avere un “potere reale” – fra gli altri, i quadri dell’esercito e della Sicurezza – , a rigor di logica avrebbe dovuto attaccare gli organismi della società civile. Coloro che volevano assicurarsi il monopolio del potere e della verità dovevano colpire le forze che avevano o potevano avere un potere politico-spirituale: dirigenti e militanti politici o sindacali, ecclesiastici, giornalisti, scrittori ecc. La vittima veniva spesso scelta fra coloro che occupavano un posto chiave negli organismi della società civile: partiti, Chiese, sindacati, ordini religiosi, associazioni, organi di stampa, potere locale. Tratto da pag. 380-381

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Prigioni naziste e prigioni comuniste

I. Nyeste, ungherese e partigiano, dirige dopo la guerra un’organizzazione della gioventù e si rifiuta di aderire al PC. Alla conclusione di un processo sconta la pena fino al 1956 nel campo di lavoro di Resz dove, stando al suo racconto, i detenuti lavorano 12 ore al giorno in inverno e 16 in estate. Ma la cosa peggiore, per lui, era la fame:
«La differenza fra la polizia segreta comunista e quella nazista – sono uno dei pochi eletti ad avere avuto a che fare con entrambe – non sta nel livello di brutalità e di crudeltà. La camera di tortura di una galera nazista era uguale a quella di una galera comunista. La differenza sta altrove. Se i nazisti ti arrestavano come dissidente politico, volevano generalmente sapere che tipo di attività svolgevi, chi erano i tuoi amici, che piani avevi e cosi via. I comunisti non si davano tanta pena. Sapevamo già, arrestandoti, che genere di confessione avresti firmato. Ma tu no. Io non immaginavo assolutamente che sarei diventato una “spia americana”!»
Tratto da pag.382

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Le Chiese rappresentavano per il potere comunista il grande problema nel processo di annientamento o di controllo degli organismi della società civile. La loro storia e il loro radicamento erano plurisecolari. L’applicazione del modello bolscevico si era rivelata in alcuni paesi più difficile che in altri, i quali conoscevano la tradizione della Chiesa Ortodossa, la tradizione bizantina del cesaropapismo, tendente alla collaborazione della Chiesa con il potere statale costituito; con ciò non si intende affatto sottovalutare la repressione subita dagli ortodossi in Russia e in Unione Sovietica. Nel caso della Chiesa cattolica la sua organizzazione internazionale diretta dal Vaticano costituiva un fenomeno intollerabile per il nascente “campo socialista”. Le due grandi internazionali della fede dovevano, quindi, neessariamnte affrontarsi, insieme alle rispettive capitali, Mosca e Roma. La strategia di Mosca era ben definita: rompere i legami delle Chiese, cattolica o greco-cattolica, con il Vaticano e sottomettere al potere le Chiese divenute nazionali; è quel che si evince dalle consultazioni con i responsabili sovietici durante la riunione dell’ Ufficio informazioni dei partiti comunisti nel giugno 1948, riportate da Rudolf Slànksky, segretario generale del Partito comunista cecoslovacco. Per raggiungere il loro scopo – ridurre l’influenza delle Chiese sulla vita sociale, sottometterle al minuzioso controllo dello Stato e trasformarle in strumenti della loro politica – i comunisti si avvalsero congiuntamente della repressione, dei tentativi di corruzione e dell’infiltrazione nella gerarchia. Tratto da pag. 383

Il popolino e il sistema dei campi di concentramento

La storia delle dittature è complessa e quella delle dittature comuniste non fa eccezioni alla regola. La loro nascita nell’Europa centrale sudorientale è stata caretterizzata da un sostegno popolare talvolta di massa, fenomeno legato alle speranze suscitate dall’eliminazione della dittatura nazista nonché all’arte, indubbia dei dirigenti comunisti, di coltivare l’illusione o il fanatismo, dei quali – come sempre e ovunque – sono stati preda innanzitutto i giovani. Per esempio, il blocco della sinitra creato in Ungheria su iniziativa dei comunisti in minoranza alle elezioni fu capace di organizzare a Budapest, nel marzo 1946, un’enorme manifetazione con circa 400.000 partecipanti. Il nacente regime ha dapprima garantito la promozione sociale di centinaia di migliaia di persone delle classi meno agiate. In Cecoslovacchia, paese industrializzato in cui la categoria operaia rappresenta circa il 60 per cento della popolazione nei paesi cechi e il 50 per cento in Slovacchia, 200.000-250.000 operai presero i posti delle persone colpite dalle purghe o andarono a rinforzarsi gli apparati; la stragrande maggioranza di loro apparteneva al Partito comunista cecoslovacco. Subito dopo la guerra milioni di piccoli contadini o di operai agricoli nei paesi dell’Europa centrale e sudorientale hanno beneficiato delle riforme agrarie e della divisione delle grandi proprietà fondiarie (comprese quelle della Chiesa cattolica), mentre i piccoli commercianti e gli artigiani hanno tratto vantaggio dalla confisca dei beni dei tedeschi espulsi. Ma la felicità degli uni fondata sull’infelicità degli altri si rivelò spesso effimera. La dottrina bolscevica esigeva, infatti, che la proprietà privata fosse eliminata e che i proprietari ne fossero separati per sempre. Tratto da pag. 386-387

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L’inferno di Pitesti

La Securitate, la polizia politica romena, durante gli interrogatori ricorreva ai metodi di tortura classici: pestaggi, percosse sulle piante dei piedi e sospensioni per i piedi, a testa in giù. A Pitesti la crudeltà delle torture ha di gran lunga superato questi metodi. Venne praticata tutta la gamma dei supplizi possibili e impossibili: alcune parti del corpo venivano bruciate con sigaretta; alcuni prigionieri avevano le natiche necrotizzate e la carne che cadeva come quella dei lebbrosi; altri erano obbligati a ingurgitare un’intera gamella di escrementi e quando vomitavano gli veniva ricacciato il vomito in gola. La fantasia delirante di Turcanu si scatenava in modo particolare contro gli studenti credenti che rifiutavano di rinnegare Dio. Alcuni venivano “battezzati” tutte le mattine nel seguente modo: si immergeva loro la testa in una tinozza piena d’urina e di materia fecale, mentre gli altri detenuti attorno salmodiavano la formula del battesimo. Perché il suppliziato non annegasse, di tanto in tanto gli si tirava fuori la testa e lo si lasciava respirare un attimo prima di reimmergerlo in quella mistura. Uno di questi battezzati, che avevano subito sistematicamente questa tortura, aveva acquisito un automatismo che durò circa due mesi: tutte le mattine andava a immergere da solo la testa nella tinozza, con grande gioia dei rieducatori.
I seminaristi invece erano obbligati da Turcanu a officiare le messe nere che lui metteva in scena, soprattutto durante la settimana santa, la sera di Pasqua. Alcuni facevano i cantori, altri i sacerdoti. Il testo della liturgia di Turcanu era evidentemente blasfemo e parafrasava in maniera demoniaca l’originale. La Santa Vergine era chiamata “la grande puttana” e Gesù “il coglione che è morto sulla croce”. Il seminarista che faceva il prete veniva fatto spogliare completamente, gli veniva avvolto addosso un mantello macchiato di escrementi e appeso al collo un fallo confezionato con il sapone e la mollica di pane e cosparso di DDT. Nel 1950, durante la notte di Pasqua, gli studenti in corso di rieducazione dovettero passare davanti a un simile prete, baciare il fallo e dire: “Cristo è resuscitato”. Tratto da pag. 393

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(Per saperne di più visita il sito: http://www.thegenocideofthesouls.org/public/italiano/il-nostro-appello/)

 

Questi ebrei comunisti, fortemente rappresentati nell’apparato dell’Internazionale comunista, continuarono dopo la guerra a occupare posti chiave in parecchi partiti e apparati di Stato dell’Europa centrale. Nella sintesi sul comunismo ungherese, Miklos Molnar scrive:

Al vertice della gerarchia, i dirigenti sono quasi sempre di origine ebraica, come pure, sebbene in proporzione leggermente minore, nell’apparato del Comitato centrale, nella polizia politica, nella stampa, nell’editoria, nel teatro, nel cinema…La forte e indubbia promozione dei quadri operai non può nascondere il fatto che il potere decisionale appartiene, in larghissima misura, ai compagni provenienti dalla piccola borghesia ebrea. Tratto da pag. 407

 

In genere la reclusione penitenziaria è preceduta, nel periodo di “lotta” contro l’elemento di destra, da una reclusione sociale: più nessuno vuole saper niente di lui, fosse solo per dargli un po’ d’acqua calda. Egli deve andare al lavoro, ma per redigere li confessione su confessione, per riunire di “critica-educazione” dopo l’altra. E poiché all’impiego s’accompagna in genere l’alloggio, i vicini-colleghi, o piuttosto i loro figli, non gli danno tregua: sarcasmi, insulti, divieto, “perché è di destra”, di camminare sul lato sinistro della strada, filastrocche che si concludono con un “il popolo lotterà l’elemento di destra a morte”. E’ chiaro che, per non aggravare la propria posizione, conviene accettare tutto senza lamentarsi. Si capisce come i suicidi siano allora molti.

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Si mescolano infatti gruppi sociali (definiti alquanto arbitrariamente) e gruppi politici, per giungere a una divisione binaria tra “categorie rosse” (operai, contadini poveri e medio-poveri, quadri del Partito, militari dell’Esercito popolare di liberazione e “martiri rivoluzionari”) e “categorie nere” (proprietari fondiari, contadini ricchi, controrivoluzionari, “cattivi elementi” ed elementi di destra). Tra i due raggruppamenti trovano posto le “categorie neutre” (per esempio intellettuali, capitalisti ecc.), che si tende tuttavia a respingere progressivamente verso quelle “nere” in compagni di emarginati, “responsabili del Partito che hanno scelto la via capitalista” e altri spioni. Cosi, durante la Rivoluzione culturale, gli intelletuali diveranno ufficialmente la “nona categoria (nera) puzzolente”. L’etichetta, qualunque cosa si faccia, s’incolla letteralmente sulla pelle: un elemento di destra, pur ufficialmente “riabilitato”, sarà un bersaglio privilegiato alla prima campagna di massa, e non avrà mai il diritto di far ritorno in città. La logica infernale del sistema è che occorrono dei nemici da combattere e a volte da abbattere, e che lo “stock” va rinnovato, o tramite ampliamento delle caratteristiche incriminanti o tramite declassamento: un quadro comunista, per esempio, può diventare un elemento di destra. Tratto dalle pag. 454-455. (L’oppressione e la “rieducazione” maoista accentua il parallelo con l’attuale politically correct (politicamente corretto) che è oggi amplificato dal sistema mediatico, che aggredisce verbalmente etichettando colui che è uscito dal politicamente corretto o meglio dal pensiero unico, con i nuovi termini più comuni, in primis: complottista, populista, retrogrado o antiprogressista. N.d.A)

https://it.wikipedia.org/wiki/Il_libro_nero_del_comunismo

 

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